Una Dakar 2015 Super Sonik
Molti dicono che la Dakar sudamericana non è paragonabile a quella africana, ma la Dakar rimane la gara dell’anno per eccellenza, il sogno di ogni pilota off road, la gara che tutti vorrebbero almeno aver finito per una volta nella vita
Per alcuni, il sogno rimane per altri si realizza, per altri si infrange già alla prima tappa. La Dakar diventa sogno anche per chi la segue: in Sudamerica il percorso è segnalato da un cordone di pubblico senza precedenti, dove tutti vogliono partecipare, dove tutti vogliono dare una mano a questi eroi epici.
Poi le famiglie, gli amici che rimangono appiccicati ai monitor dei loro computer, dei loro iPod, per seguire i loro beniamini, le mogli a casa diventano parte del sogno, improvvisando veri e propri uffici stampa che diramano comunicati a qualunque ora del giorno e della notte. La Dakar insomma è entrata nelle case di tutti gli appassionati ed è diventato un evento mediatico senza precedenti.
Ma l’elemento principe della Dakar è la difficoltà, tutto diventa difficile, tutto spesso diventa drammatico, dagli interminabili trasferimenti, alle speciali talmente lunghe da far svenire persino i campioni della specialità, al freddo polare dei 5000 metri, al caldo talmente torrido da far bollire l’acqua dei camel bag. Pensate, un pilota quest’anno in preda alla sete e alla confusione ha cercato di aprire lo spurgo del radiatore della propria moto per berne il liquido e solo grazie all’arrivo di un altro pilota ha evitato il peggio.
Queste impressionanti difficoltà rendono eroe chiunque la finisca e non a caso più della metà, quando va bene, rimane lungo il percorso ricorrendo alle cure mediche. C’è anche che, rincorrendo questo sogno, perde la vita, lasciando attoniti i propri cari, lasciando soprattutto in eredità l’eterna domanda. Perché rincorrere questo sogno. 45 quad alla partenza, l’assenza dei Patronelli Brother’s, padroni indiscussi delle ultime edizioni, ripropone
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